Le nuove linee Guida di Confindustria 231 – Guida rapida alle novità
Dopo 7 anni sono state pubblicate le nuove Linee Guida di Confindustria per realizzare i modelli 231.
Si tratta di un’interessante e corposa pubblicazione (270 pagine) , di cui in questo articolo riassumiamo le principali novità.
CAP – 1 – I lineamenti della responsabilità da reato dell’ente In questa sezione Linee Guida evidenziano che il principio di tassatività dei reati presupposto potrebbe essere messo in discussione, a causa dell’introduzione della fattispecie di autoriciclaggio (ex art. 648-ter.1 c.p.) (pagina. 6)
Sempre nello stesso capitolo a pagina 7 le Linee Guida richiamano la più recente giurisprudenza di legittimità inerente il dibattito sulla corretta interpretazione dei concetti di interesse e di vantaggio dell’ente.
A pagina 14 l’aggiornamento riguarda le sanzioni interdittive, in considerazione delle modifiche apportate dalla legge 3/2019 (cd. Spazzacorrotti) che prevede per determinate fattispecie di reati contro la Pubblica Amministrazione, una differenziazione del trattamento sanzionatorio a seconda che il reato sia stato commesso da un soggetto apicale (nel qual caso la durata della sanzione sarà compresa tra i quattro e i sette anni) o da un soggetto subordinato (tra due e quattro anni)

CAP – 2 – Individuazione dei rischi e protocolli
In questo capitolo viene introdotto un nuovo paragrafo che ha lo scopo di valorizzare i sistemi integrati di gestione (pagina 42).
“…. Ė ormai dato acquisito che il rischio di compliance, ossia di non conformità alle norme, comporta per le imprese il rischio di incorrere in sanzioni giudiziarie o amministrative,
perdite finanziarie rilevanti o danni reputazionali in conseguenza di violazioni di norme imperative14 ovvero di autoregolamentazione, molte delle quali rientrano nel novero dei reati di cui al D.Lgs. 231/2001.
Ciò posto, la gestione dei numerosi obblighi di compliance, secondo un approccio tradizionale, può risultare connotata da una pluralità di processi, informazioni potenzialmente incoerenti, controlli potenzialmente non ottimizzati, con conseguente ridondanza nelle attività.
Il passaggio ad una compliance integrata potrebbe permettere invece agli Enti di:
• razionalizzare le attività (in termini di risorse, persone, sistemi, ecc.);
• migliorare l’efficacia ed efficienza delle attività di compliance;
• facilitare la condivisione delle informazioni attraverso una visione integrata delle
diverse esigenze di compliance, anche attraverso l’esecuzione di risk assessment congiunti, e la manutenzione periodica dei programmi di compliance (ivi incluse le modalità di gestione delle risorse finanziarie, in quanto rilevanti ed idonee ad
impedire la commissione di molti dei reati espressamente previsti come fondanti la responsabilità degli enti)…” Segue un secondo paragrafo molto interessante Sistemi di controllo ai fini della compliance fiscale a pagina 43
“… Nell’ottica dell’approccio integrato appena descritto, ai fini dell’adeguamento ai reati tributari, di cui all’art. 25-quinquiesdecies del d.lgs. n. 231/2001, sarebbe auspicabile far leva su quanto già implementato dalle imprese ai fini: (i) della mitigazione del rischio fiscale, derivante dall’adeguamento a quanto previsto dalla normativa in materia (c.d. “compliance fiscale”); (ii) dell’adeguamento ad altre normative. In particolare, si fa riferimento a quelle disposizioni15 che richiedono l’implementazione di contromisure finalizzate a ottenere la ragionevole certezza in merito all’attendibilità delle informazioni economico-finanziarie prodotte dall’azienda. Tale approccio consentirebbe di integrare il sistema di controllo interno e minimizzare l’impatto derivante dall’adeguamento ai reati fiscali. La presenza, infatti, di uno o entrambi i modelli di controllo, eventualmente ed opportunamente aggiornati con quanto previsto dall’art. 25-quinquiesdecies e integrati nei meccanismi di funzionamento, potrebbero consentire di creare efficienze e sinergie tra i vari sistemi di controllo. ..”
Confindustria richiama gli strumenti volti a garantire una mitigazione del rischio fiscale.
Come noto, il d. lgs. 128/2015 – rubricato “Disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente” – ha introdotto un regime di adempimento collaborativo (cooperative compliance), con la dichiarata finalità di promuovere un rinnovato rapporto di fiducia tra amministrazione finanziaria e contribuente, con conseguente aumento del livello di certezza sulle questioni fiscali rilevanti. Tale obiettivo è stato perseguito tramite l’interlocuzione costante e preventiva con il contribuente “virtuoso” su elementi di fatto, ivi inclusa l’anticipazione del controllo, per consentire l’individuazione di situazioni di potenziale rischio in ambito tributario. (Fonte: Dirittobancario.it)
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A pagina 60 è aggiornato anche il capitolo dedicato al Whistleblowing dove viene evidenziato di disciplinare le modalità per effettuare le segnalazioni e le modalità di gestione delle segnalazioni, adottando una procedura specifica.
A pagina 64 viene introdotto un nuovo capitolo La comunicazione delle informazioni non finanziarie.
” … Il D. Lgs. n. 254/2016 ha recepito la Direttiva 95/2014/UE e prevede che talune grandi imprese redigano la dichiarazione di carattere non finanziario – c.d. DNF – che contiene informazioni sui temi rilevanti in materia ambientale, sociale, attinente al personale, al rispetto dei diritti umani, all’anticorruzione, nella misura necessaria a comprendere l’andamento, i risultati e l’impatto dell’attività di impresa e, in ogni caso, fornendo alcune informazioni minime predeterminate (art. 1, co. 1 e 2). La nuova disciplina mira quindi a rafforzare la trasparenza delle informazioni
sull’attività di impresa. ..”
A pagina 77 (capitolo 4 L’organismo di vigilanza) nelle nuove Linee Guida di Confindustria viene sottolineata l’importanza dell’autonomia anche finanziari dell’ODV, con definizione chiara di un budget annuale.
A pagina 83 viene introdotto un nuovo paragrafo: L’articolo 6, comma 4-bis: la devoluzione delle funzioni di Organismo di vigilanza al Collegio Sindacale.
“… È sempre più evidente la necessità di una stretta collaborazione tra i due organi e dell’attivazione di flussi informativi, di riunioni e confronti periodici, nel rispetto dell’autonomia ed indipendenza di entrambi e nell’insindacabilità nel merito dell’attività svolta.
Al riguardo, la legge n. 183 del 2011 (cd. Legge di stabilità per il 2012), inserendo un nuovo comma 4-bis nell’articolo 6, ha rimesso alla discrezionalità delle società di capitali la scelta di affidare al Collegio Sindacale le funzioni di Organismo di vigilanza.
Questa norma arricchisce le possibilità organizzative a disposizione dell’impresa che intenda allinearsi alle prescrizioni del decreto 231. Infatti, il conferimento di funzioni di vigilanza al Collegio Sindacale si aggiunge alle altre opzioni già praticabili, quali l’attribuzione del medesimo ruolo al Comitato controllo e rischi, all’internal audit o a un organismo istituito ad hoc.
Sul punto, da ultimo, il Codice di Corporate Governance39, che raccoglie le best practice e le migliori soluzioni organizzative per un più compiuto adeguamento ai principi di corporate governance, nelle Raccomandazioni relative al sistema di
controllo interno e di gestione dei rischi40, prevede l’attribuzione all’organo di controllo o a un organismo appositamente costituito delle funzioni di vigilanza di cui al Decreto n. 231/2001. Inoltre, prevede che, qualora l’organismo non coincida con l’organo di controllo, quello di amministrazione debba valutare l’opportunità di nominare all’interno
dell’organismo almeno un amministratore non esecutivo e/o un membro dell’organo di controllo e/o il titolare di funzioni legali o di controllo della società, al fine di assicurare il coordinamento tra i diversi soggetti coinvolti nel sistema di controllo interno e di gestione dei rischi. Infine, la società deve fornire nella relazione sul governo societario le motivazioni delle scelte effettuate in merito alla composizione dell’organismo di vigilanza.
Pertanto, rispetto alla precedente versione del Codice, che affidava alla valutazione discrezionale delle società la sola opportunità di affidare le funzioni di Organismo di Vigilanza al collegio sindacale “nell’ambito di una razionalizzazione delle funzioni di controllo”, nella nuova si contempla anche la diversa ipotesi di un OdV che non coincida con il Collegio sindacale, raccomandando, in tale ipotesi, di valutarne una composizione mista che garantisca la presenza anche di soggetti coinvolti nel sistema di controllo interno e di gestione dei rischi…”
Autore:
Dr. Matteo Rapparini
www.consulenza231.org
Autore di software per creare i modelli 231 e gestire l’attività dell’Organismo di Vigilanza 231, corsi on line sul D.lgs 231/01 – Dal 2007, oltre 6.000 clienti attivi
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