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Modello 231 utile per coordinare i controlli interni

Le riforme introdotte agli articoli 4 del Dlgs 74/2000 e 1 del Dlgs 471/1997 in tema di depenalizzazione ed esclusione dalle sanzioni amministrative delle operazioni sui prezzi di trasferimento, se da un lato rafforzano la compliance con l’agenzia delle Entrate dall’altro, indirettamente, impongono la creazione di un sistema interno in grado di elaborare una «idonea» documentazione che dimostri la buona fede e l’inesistenza di antieconomicità ed intento elusivo delle operazioni. Inoltre, se non correttamente gestite, le operazioni rilevanti ai fini di transfer pricing potrebbero essere rilevanti anche ai sensi del Dlgs 231/2001, essendo potenzialmente riconducibili a reati.

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Affinché la società possa ottenere i benefici su due livelli – fiscale e relativo alla responsabilità da Dlgs 231 – è necessario produrre dei documenti ( masterfile e documentazione nazionale) in grado di permettere all’amministrazione finanziaria per un verso e al giudice penale per l’altro, di verificare tempestivamente: e le modalità di determinazione del prezzo praticato nelle operazioni intercompany; r che tali modalità siano in linea con quanto previsto dal Codice di condotta Ue e dalle linee guida Ocse, quindi nel rispetto del «valore normale» (ex articolo 9 Tuir).

Considerando che le suddette informazioni si fondano prevalentemente su attività di benchmarking (poco oggettive), risulterebbe necessario implementare un sistema di continua verifica e controllo del rischio insito nel transfer pricing. Ciò in quanto, se da un punto di vista strettamente dichiarativo è possibile ricadere nell’alveo delle sanzioni per infedele dichiarazione, trattandosi di operazioni effettivamente poste in essere che potrebbero divergere in termini di valori rispetto a quanto determinato in sede di verifica dall’ufficio, e di conseguenza poco rilevanti ai fini penali dato l’innalzamento delle soglie di punibilità e la presenza di alcune esimenti (come l’indicazione delle valutazioni in bilancio), dall’altro potrebbe facilmente prestarsi ad altri illeciti penalmente rilevanti come l’autoriciclaggio o il reato di false comunicazioni sociali o, ancora, truffa ai danni dello Stato, nel caso in cui la documentazione, seppur formalmente corretta, occulti degli illeciti.

Pertanto, oltre alla corretta gestione dei rischi fiscali che tendono a favorire la compliance, non bisogna sottovalutare l’impatto che determinate condotte potrebbero indirettamente avere anche sulla responsabilità amministrativa dell’ente, in ragione della progressiva estensione del perimetro di applicabilità del Dlgs 231.

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La tradizionale gestione dei rischi potrebbe non essere più sufficiente da sola a scongiurare gli effetti incrociati delle condotte aziendali essendo un sistema disarticolato, non sempre efficiente e coordinato. Si fa sempre più strada la necessità di una collaborazione coordinata all’interno delle aziende che un organismo di vigilanza potrebbe senz’altro incrementare, in quanto l’applicazione di un corretto (e ben attuato) modello 231 potrebbe costituire il documento di raccordo tra i vari compliance programs settoriali quali, ad esempio, quello richiesto dalla normativa sul transfer pricing.

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